Le nozze? Un terno a lotto…

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Le origini del nome Vico Bonafficiata

Nel 1520 durante l’estrazione del lotto furono scelte novanta ragazze senza marito tra le quali furono sorteggiati i “maritaggi”: si trattava di dare un corredo di nozze e quindi le fortunate che si aggiudicavano il premio erano chiamate “bonifficiate” cioè beneficate: da qui il nome del Vico Bonafficiata Vecchia, nel quartiere Montecalvario.

La tradizione del Lotto secondo Matilde Serao

“Non tutti si possono muovere ed allora un monello parte, va al più vicino posto del lotto e prende i numeri, tutti aspettano, il ragazzo torna correndo, affannato, si pianta alla bocca del vicolo e grida i numeri:24 69 49 8 65, tutti impallidiscono … Il popolo napoletano, che è sobrio, non si corrompe per l’acquavite, non muore di delirium tremens, esso si corrompe, muore per il lotto! Il lotto è l’acquavite di Napoli!”

E’ così che Matilde Serao ne “Il ventre di Napoli” considera il gioco del lotto, una specie di dipendenza patologica per il popolo partenopeo, una malattia contagiosa che ancor oggi colpisce tutti, benestanti e poveracci.

Come l’abitudine di trasformare in numeri sogni e fatti quotidiani, tragedie e storie curiose.

Pur di centrare il terno “secco” i napoletani di fine Ottocento “imparano a memoria la smorfia ossia La chiave dei sogni”, racconta la scrittrice, “Tutti gli avvenimenti, grandi e piccoli, sono considerati come una misteriosa fonte di guadagno. Muore una fanciulletta di tifo, la madre gioca i numeri , escono, ella esclama: M’ha fatte bbene pure murenne!”