Stadio Diego Armando Maradona

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Elogio dell’estro e della perdizione, del bambino nato povero e dell’uomo smarritosi nella ricchezza, del ribelle e del vinto, del vincitore e del perseguitato, del più grande talento del gioco del calcio e del più grande autolesionista del mondo, un Dio sporco

Cit. Mimmo Carratelli ed Eduardo Galano
Stadio Diego Armando Maradona
Tutti gli omaggi dei tifosi lasciati davanti allo stadio, faranno parte del Museo dedicato a Diego.
Sciarpa del club Napoli Parigi “Paris San Gennar”

Le foto sono state scattate tra Forcella, i Decumani, Piazzetta Nilo e San Gregorio Armeno

ed eccoci qui, ognuno a Napoli ha fatto il suo omaggio a DIOS

San’Diego Armando Maradona

La Sibilla Cumana da dove proveniva? E chi era?

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Virgilio, colpito dalla lettura degli oracoli sibillini che predicevano la nascita di un Dio Salvatore, si recò ad interrogare sulla loro montagna i sacerdoti di Cibele, i quali, o per l’impotenza o per malvolere, non vollero soddisfare la sua curiosità, allora, si rivolse alla stessa dea, la evocò con erbe magiche.

Ma cosa erano questi oracoli sibillini e chi era la Sibilla? E perché Virgilio ne era così affascinato? Perché era famosa?

Cit Antonio D’Amato
Antro della Sibilla vista dall’ingresso (tutte le foto e i video di U. Romano)

Una delle sue profezie era “tutta la terra sarà ricoperta di rovi e di mesta sabbia, gli uomini distruggeranno i simulacri e getteranno via l’oro e avide lingue di fuoco incendieranno la terra, il mare, le stelle, i morti resusciteranno ed apparirà chiara l’indole santa o imlura delle anime.. Oppure “con l’avvento del grande giudice si vedrà la terra grondare di sudore.”

Virgilio invece così scriveva: E’ arrivata l’ultima età dell’oracolo cumano: il grande ordine dei secoli, nasce di nuovo, e già ritorna la vergine, ritornano i regni di saturno, già la nuova progenie discende dal cielo” (Virgilio IV egloga), la Sibilla da dove proveniva e chi era ma soprattutto perché le sue profezie erano così terribili… Vediamo allora.. Anzi leggiamo..

Da Platone fino a Virgilio, tanti si sono occupati della sibilla o meglio delle Sibille, raccogliendo i volumi chiamati oracoli sibillini, se ne contarono ben dieci sibille presenti ed avevano nomi come Amaltea, Demofile, Erofile, Deifobe oppure la Sibilla Cimmeria che disse ad Enea di non seppellire in Italia la sua congiunta, Enea scoprì che la sua compagna era morta e la seppellì presso un’isola li vicino.. Procida era il nome, la Sibilla Cimmeria ricorda la presenza dei Cimmeri, un popolo misterioso che abitava anche il lago d’ averno, ma la Sibilla più famosa era indubbiamente la Sibilla Cumana.

Era nata in Beozia da un pescatore di nome Glauco, era molto bella e seducente e come spesso accadeva non solo era ammirata dagli uomini ma dagli dei che, come sappiamo, erano irascibili, prepotenti e spesso vendicativi, nel caso della nostra bella Sibilla Cumana la sua sfortuna fu che il Dio Apollo perse la testa e promise tutto ciò che avesse desiderato la bella Sibilla… Beh, ovvio, un dio che ti offre tutto e cosa rispondi allora?! La Sibilla Cumana prese una manciata di granelli di polvere e chiese ad Apollo di vivere tanti anni quanti granelli raccolti, peccato però che la bella Sibilla dimenticò una cosa importante: l’eterna giovinezza e fu così che nel corso degli anni la bella sibilla si trasformò in una donna oramai una larva.. “oh povera me, povera sciocca, esclamò, ho dimenticato di chiedere che i granelli fossero anni di gioventù” oramai era destinata a diventare invisibile così come i suoi vaticini sulle foglie che il vento portava via fino ad un giorno..?

#antrodellasibillacumana Un giorno, siccome il vendicativo Dio Apollo le aveva vietato di uscire per ritornare nella sua terra, la Sibilla Cumana si fece portare una lettera sigillata con la terra di Eritra (Beozia) e fu così che aprendo la lettera e toccando la terra del suo luogo natio che la sibilla poté morire e trovare pace.

Immaginate, quindi, non c’era internet e un soldato che voleva una parola di conforto sul suo futuro si recava dalla Sibilla Cumana e dopo aver lasciato le sue offerte assisteva a questa scena: la sibilla disponeva sulle foglie il suo vaticinio

 "ibis, redibis, non morieris in bello cioè andrai, ritornerai e non morirai in guerra!"

ora il soldato era felice e si allontanava dopo aver ringraziato la veggente, ma se per uno scherzo del vento, le foglie si spostavano e così una virgola.. Beh, la frase e il destino del soldato cambiava..

Ibis, redibis non, morieris in bello.. Già.. Ibis redibis.. 
Tempio di Giove parco archeologico di Cuma

Ma la nostra Sibilla, una delle sibille famose dell’epoca, la Sibilla Cumana cosa fece? Portò alcuni libri gli Oracula Sibyllina e li portò a Roma da Tarquinio il Superbo, al quale furono offerti per la modica cifra di 300 monete d’oro, ma il re non ne volle sapere e tirava molto sul prezzo. A quel punto, la Sibilla iniziò a bruciare alcuni libri, mantenendo la stessa richiesta, il re, allora, si piegò alle sue richieste e comprò gli ultimi tre rotoli. La sibilla sparì ed al re rimasero tre rotoli fatti di foglie di palma, scritti in versi geroglifici, e ogni volta che avvenivano pestilenze e cattivi presagi, i rotoli venivano consultati.

In seguito ad un incendio, i rotoli furono ricostruiti da una speciale commissione.

La sibilla cumana Antro

Il legame tra Cuma e Roma è sempre stato forte, probabilmente per i positivi responsi verso il futuro Cesare Augusto e forte era il legame con Creta, dove Dedalo costruì la prima nave a vela che gli consentì il volo con il figlo Icaro. Fu dopo la navigazione che l’architetto cretese Dedalo, giunse a Cuma, dove, per ringraziare il Dio Apollo per l’impresa e per ricordare il figlio Icaro, morto durante la navigazione, innalzò un tempio in suo onore. Sempre dai territori dei discendenti di Eracle, gli Eraclidi, un giorno si imbarcò su una di queste navi, un uomo di nome Melesigene, che iniziò a girare per il mare mediterraneo imparando tutti i segreti delle stelle e degli oracoli. Dopo anni di navigazione, ormai vecchio e cieco giunse a Cuma, dove chiese di essere accolto e poter vivere raccontando le sue memorie, i suoi ricordi, ma alcuni cittadini si opposero perché non potevano accollarsi tutti i vagabondi vecchi e ciechi.

I cumani questo povero cieco, in dialetto, lo chiamavano “omeros“, cieco.. Già

La torre di Falero e la sirena Partenope

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La torre di Falero accolse la sirena Partenope sbattuta dal mare, e sul sepolcro che le venne innalzato dagli abitanti di quelle contrade, le vergini ogni anno vollero libare e far sacrifici di buoi in onore di Partenope, così recita Licofrone, e in un vaticinio di Cassandra ” d’itaca il sire, il versipelle Ulisse, cagione fia di morte alle tre figlie, Ligea, Leucosia e Partenope..una, poiché del mar l’onda cacciolla, ne accogliera ‘ la Torre di Falero, La tomba della Vergine pennuta, candida e tersa, manterrà coll’acque.. delle tre suore il capitan di tutte l’attiche prove, ubbidiente ad un vate, a suoi prescrivera’ che a gara corrono nelle mani stringendo accese fiaccole..ovvero le lampadodromia cioè un gioco attraverso le fiaccole accese con il quale si celebrava la vergine partenope, quindi la torre di Falero era antecedente alla sirena partenope ed era la torre del porto,e fiume clanio,

Ma chi era Falero? E cosa c’entra con Napoli?

Falero indicava un luogo biancheggiante per il frangersi dei flutti, secondo alcuni scrittori Falero era una città degli opici, dove naufragò Partenope la sirena e viene identificata anche nella figlia di Eumelo che, per la vergogna di una colpa commessa, lasciò la Grecia per ritirarsi presso un luogo lontano insieme alle sue compagne, giungendo in questi lidi per trovare sepolcro.

Famosa è la scritta di Capo Napoli sopra una antica testa..

PARTHENOPES EUMELI PHALARAE THESSALIAE REGIS FILIAE, PHARETIS CRETEIQUE REGUM NEPTIS PRONEPTIS, QUAE EUBAEA COLONIA DEDUCTA CIVITATI PRIMA FUNDAMENTA IECIT ET DOMINATA EST ORDO ET POPOLUS NAPOLITANUS MEMORIAM ADBORCO VINDICAVIT

Ora torniamo alla storia e sappiamo che i primi insediamenti avvennero sulla collina di Pizzofalcone ad opera di calcidesi provenienti dall’isola greca di EUBAEA, mentre l’isolotto di Megaride era solo un approdo per i coloni provenienti da Rodi, immaginando di tornare indietro nel tempo la nostra città ha avuto un suo nucleo sul monte Echia tra il 740 e il 720, era circondata sui tre lati dal mare con un canale che le scorreva di lato cioè via Chiaia (ghiaia), un piccolo porto, una necropoli ovvero la zona di via Nicotera.


Nella foto una piccola sirena.. In terracotta..

Ora dovete sapere che i greci chiaramente fecero i conti con le popolazioni locali ma soprattutto con gli etruschi, aiutati da cartagine e solo dopo due battaglie la situazione cambiò, se da un lato, Pitecusa, ovvero l’ isola di Ischia, passò sotto il controllo dei siracusani, i cumani erano potenti e non tolleravano la presenza di un altro nucleo confinante cioè Palepoli, pensarono di spianarla tutta, ma eventi tragici come la peste o una epidemia, come raccontano alcune fonti, costrinsero i cumani a fondare una nuova città, Napoli appunto, ripristinando il culto della sirena.  A questo evento aggiungiamo che i siracusani lasciarono Pitecusa forse per i continui terremoti e i cumani si allargarono sempre di più tanto da legarsi non solo alle popolazioni locali ma anche ad Atene come alcune monete raffigurano e una leggenda racconta che lo stesso evento della nascita della città era legato ad un vaticinio di Apollo il quale attraverso il volo di una colomba indicò il luogo.

Le stesse sirene erano raccontate dai naviganti che riferivano di averle viste 
a Capri perché luogo magico la cui acqua era dotata di virtù profetiche
.
Attirate quindi dalla negromanzia dei cimmeri, popolo locale misterioso
come non mai, (via dei cimbri),
le nostre sirene scelsero questi luoghi. 
Le sirene nate dall'arcanania, nate dal sangue sulla terra fuoriuscito
quando ercole ruppe il corno all'acheloo, erano chiamate le Figlie di Forco
che ubbidisce a Pluto.. Telxiepea, aglaofeme, leucosia, ligea, partenope,
ovvero la modulatrice degli epici versi, la famosa per la voce, la canora e,
la bianca, e la vergine.. avevano strumenti musicali e ali per alzare le onde e
predire il futuro e furono chiamate uccelli per la loro voce simile,
parlare come uccelli cioè di chi nom vuole farsi intendere,
questa è la storia di ligea, morta a terina, leucosia sulle sponda dell'ocinaro e
partenope.. La vergine, morta a Napoli..

Fonti Attilio Wanderlingh e Franz Savoja di Cangiano,

La sirena di terracotta proviene dal negozio di Annamaria Cirillo che saluto e ringrazio e vi invito a visitare nella nuova sede di via duomo

Napoli è nata da una sirena

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Napoli è nata da una sirena e la città nasconde angoli dove possiamo vedere le sue eredi, a volte quasi nascoste, come questa che si trova in via Guacci nobile, alle spalle dell’Università, la fontana delle zizze!

Fu eretta su commissione di don Pietro da Toledo che Giovanni da Nola, rimaneggiando elementi già preesistenti al 1139. Pare che la fontana era collegata come simbolismo alla chiesa ai lati,
la chiesa di Santa Caterina della Spina Corona. L’altare della chiesa presentava un quadro con Gesù Cristo e il suo sangue raccolto in un vaso, quindi sacro e profano, ancora una volta, sono difficili da discernere. La sirena qui, è raffigurata con ali e piedi artigliati, dai suoi seni sgorga l’ acqua che spegne le fiamme del Vesuvio.

La sua acqua celeste o lac virginis si unisce alla tradizione cristiana della Madonna delle grazie, finanche il termine sirena sembra richiamare la Dea Syria che viene descritta seduta su due leoni e con una corona di raggi in testa. È nella stessa radice del suo nome Syr che poi ritroviamo la tradizione cristiana, ma non dobbiamo dimenticare il legame di Napoli con l’antica Grecia dove la dea Giunone, premuta da Ercole bambino, farà sorgere la via lattea! Eppure questo lac Virginis, lo ritroviamo nella tradizione ermetica, dove gli antichi filosofi alludevano all’energia fondatrice dell’universo e nella cabala fonetica, dove viene riportato il termine lingua siriaca o linguaggio degli uccelli, ovvero la nostra amata sirena. (fonte Sigfrido e. Hobel, misteri partenopei)


La fontana della Spinacorona (detta “delle zizze“) è una delle fontane di Napoli

La dea alata. Dum vesevo syrena incendia mulcet così recita.


Mentre la sirena addolcisce le fiamme del Vesuvio… Così recita la targa,
Le fiamme del Vulcano Vesuvio sono spente dall’acqua che sgorga dai seno

La fontana è una copia, a San Martino trovate l’originale, l’origine è assai incerta, alcuni dicono il 1139 durante le eruzioni del Vesuvio altri il 1498 o il 1540 ad opera dell’architetto Giovanni da Nola su richiesta di Carlo V, Pedro da Toledo. Qui in via Giuseppina Guacci nobile, possiamo vedere questo piccolo gioiello che si avvicina al gusto barocco, ma che ha tante storie da raccontare come quella della sirena Partenope la quale, omaggiata di ricotta, uova, aromi degli agrumi, cosa fece Partenope? Mescolo’ tutti gli Ingredienti per fare una bella pastiera da offrire agli Dei. Ma accanto a questa fontana, il cui restauro ormai è urgente, abbiamo la chiesa di santa Caterina ovvero la chiesa di Spina Corona, cioè la chiesa dove si riteneva fosse conservata una delle famose spine della corona di Gesù. Orbene probabilmente diventerà una sinagoga come luogo originario del complesso, spero quanto prima chi di dovere si ricordi di questo piccolo prezioso angolo della nostra città.

Anno 1354: la fontana delle zizze viene edificata accanto le chiese di santa Rita della purificazione, in una zona della giudecca ovvero il vecchio quartiere ebraico e la stessa chiesa viene detta dei trinettari, cioè i mercanti di nastrini e merletti, mentre la fontana viene chiamata spina corona per la leggende della presenza di una delle tante spine della corona sopra il capo di Gesù. Ora, dopo il risanamento, il quartiere fu demolito e la zona andò in degrado, si trova in via Giuseppina Guacci nobile zona corso Umberto e università, notiamo la simbologia della figura della sirena che da donna uccello si trasfigurerà poi in donna, pesce, in un passaggio dal Medioevo al barocco.

La testa nel Pallone

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Con la testa nel pallone

Nel centro di Napoli a ridosso di Via Toledo uno dei murales di due artisti di strada che si firmano Ciop&Kaf si affaccia a su un muro di sostegno di un’abitazione che per metà è crollata ed è sostenuta da travi di sostegno di contenimento.

Salendo per Via Portacarrese a Monecalvario, tra bassi e panni stesi, 
un piccolo capolavoro emblema di una città che ha nella testa "solo o pallone",
come direbbero tutte le mamme napoletane ai ragazzi che popolano queste vie. E la testa?
La testa è al posto del pallone e il pallone al posto della testa.

Simbolicamente forte quest’opera ti colpisce in modo direttamente proporzionale alla passione sentita per il calcio fin dalla tenera età in tutte le sue forme ed espressioni. Il calcio è un momento di aggregazione e di affiatamento, un strumento di crescita e di gioco, una forma di spettacolo e di cultura, uno sport aperto a tutti e amato da tutti anche da quelli che non lo seguono e non lo praticano. E’ facile imbattersi in qualunque vicolo o piazza della città e trovare dei ragazzi che si fanno una partitella.

E allora speriamo davvero di rivederli presto nelle solite piazze e nei soliti ritrovi, così a significare che l'emergenza pandemica che stiamo vivendo in questo momento sia ormai lontana e sconfitta per sempre.