La pudicizia velata nel cuore di Napoli

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Nel cuore di Napoli, al centro dei quartieri spagnoli un opera di un street art argentino
Fancisco Bosoletti  che ritrae l’opera della Pudicizia, risalente al ‘700 e conservata nella cappella di SanSevero a Napoli. La donna coperta dal velo è interpretabile come allegoria della Sapienza, e il riferimento è alla Dea velata Iside. 

La pudicizia di Fancisco Bosoletti  Street Artist argentino Foto di U. Romano

A fianco a quest’opera c’è il murales di Maradona che ritrae il Pibe d’oro sulla facciata di un palazzo di sei piani. L’opera è stata recentemente restaurata da un artigiano locale.

Murales di Diego Armando Maradona ai Quartieri Spagnoli Foto di U. Romano

L’iniziativa di recuperare l’opera è stata voluta dall’artista stesso Salvatore Iodice, proprietario di una bottega nei Quartieri Spagnoli, grazie ad una raccolta fondi e all’elevatore messo a disposizione dal Comune. Il famoso murales di Maradona, situato un in via Emanuele De Deo, al civico 60, fu realizzato nel 1990 per festeggiare il secondo scudetto del Napoli.

L’oro di Napoli

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Il largo degli artisti di Napoli ospita un murales che è un omaggio a grandi artisti di Napoli, dall’epoca di Totò, fino ai giorni nostri con Troisi e Pino Daniele.

I’ sto ccadice Pino Daniele.
E io mangio: dice Totò
E i sto vicin a te: dice Massimo

Loro non ci sono più, ma tutto quello che hanno creato, la loro ricca produzione musicale, artistica e teatrale, i loro testi, i loro modi di dire e di vivere hanno fatto storia e creato un modus di essere napoletano che va oltre la storia. Loro sono qui ora.

Totò nel film “Miseria e Nobiltà”

Totò che mangia gli spaghetti con le mani, nel film “Miseria e Nobiltà” con una faccia affamata e felice, gli spaghetti che si mette poi nella tasca della giacca tutta rattoppata mentre balla sul tavolo della cucina, è una delle scene che è rimasta impressa nei nostri cuori e che tutte le nuove generazioni forse neanche conoscono e che dovrebbero ammirare. Andrebbe insegnata a scuola: la fame del dopoguerra è una cosa che i nostri antenati hanno conosciuto e dovuto affrontare e superare e in quell’avidità nei bocconi di spaghetti fatti da Totò, c’è tutta la nostra storia, di un popolo che si è rialzato e ha combattuto con tanti espedienti sì, ma anche con tanta umanità.

Totò interpretò dagli anni 30 fino alla morte nel 1967 ben 97 film per il grande schermo, quasi sempre come attore protagonista, il suo contributo alla storia del cinema italiano, alla commedia al teatro e alla televisione è immenso e ancora oggi è ricordato e amato da tutto il popolo napoletano, da tutt’Italia e conosciuto anche nel mondo intero.

ma mi faccia il piacere

Cit. Totò ( Antonio de Curtis)
Pino Daniele con la sua chitarra

Pino Daniele ci ha regalato la sua musica famosa in tutto in il mondo, con ritmi e melodie che sono opere d’arte da ascoltare e riascoltare come piccole pillole di felicità. La sua “Napul è” è famosa ovunque nel mondo e noi siamo orgogliosi che la sua arte sia nata proprio in questa città, abbia attraversato i confini e la storia, perchè la storia sia noi.

La sua continua ricerca musicale, il suo mischiarsi ad altre forme di musica, il dialetto napoletano e la lingua inglese, atmosfere blues, mischiate a musica da toni caldi e blues, la musica araba, Pino Daniele è un artista senza tempo.

Yes I know my way, ma nun è addò mè purtato tu

Cit. Pino Daniele

locandina del film di esordio di Massimo Troisi “Ricomincio da tre”

Massimo Troisi è autore, attore e regista, divenuto celebre con il suo primo film di esordio “Ricomincio da tre“, già famoso prima con i suoi schetch teatrali come quello di “San Gennaro tu o sai“, oppure “Annunciazione Annunciazione, tu tu Marì farai il figlio di Salvatore, Gabriele ti ha dato la buona notizia, annunciazione annunciazione” con la sua amata Smorfia.

tre cose bon agg’ fatt inta vita…

(Cit. M.Troisi)

Il Conte di Lautrec

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Il Conte di Lautrec e quella (cupa) via a Poggioreale

La cattiveria umana, a volte, supera ogni immaginazione …

Napoli è da sempre crocevia di popoli, culture, grandi e piccoli uomini ma mai indifferenti al fascino di questa terra, dove anche le pietre trasudano storia e leggende.

Ed ecco quella di Odetto di Foix, conte di Lautrec, un generale terribile ed astuto che non provava pietà per i vinti, lo dice la storia e che, ahimè, è ricordato dai napoletani per la “cupa” via, nel quartiere di Poggioreale, che prende il suo nome, Lautrec.

 

Odet de Foix de Lautrec


Il terribile generale, a servizio di Luigi XII

Era al servizio di Luigi XII, quando in Italia conquistò la Liguria, Milano, Bologna, Melfi e poi si diresse verso Napoli.
E qui, nella nostra città, il destino giocò le sue carte.

Accompagnato da Filippino Doria, nipote del leggendario Andrea Doria, cercò da subito di affamare la popolazione.
Ma a Napoli c’era fermento assai e il destino rimescolò ancora le sue carte con Filippo d’Orange il quale, mentre Odetto cercava di distruggere l’acquedotto della Bolla, il buon e astuto Filippo fece mettere la canapa nelle paludi di Poggioreale, dove era accampato l’esercito di Odetto.


Odetto di Foix, conte di Lautrec

Fu così che, nel periodo estivo, si diffuse il colera e la peste che decimò l’esercito francese, tra cui il suo condottiero, il generale Odetto, che nessuno voleva manco per la sepoltura, ma che alla fine avvenne nella chiesa di Santa Maria la Nova. (liberamente tratto dal sito Storie di Napoli)

Viaggio a Napoli sul Vesuvio

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Sei una montagna … una montagna fatta di lava e cento lingue e hai nelle mani questa vita mia … di tutti noi napoletani, cresciuti all’ombra del tuo cono, intimoriti e affascinati, da te…

– J.W.Goethe
Il Vesuvio descritto nel viaggio di Goethe a Napoli insieme al pittore tedesco Tischhein

Il viaggio di Goethe

Attratto ed eccitato dal “brutto mostro pericoloso“, come lo definiva il suo compagno di viaggio, il pittore tedesco Tischhein, convinse un giovane del posto a fargli da guida perchè “nell’intervallo di due eruzioni, doveva essere possibile raggiungere la sommità del cono, spingersi fino al cratere e ritornare”, pensò Goethe, che aveva studiato la cadenza regolare delle frequenti eruzioni del 1787.

Nel suo Viaggio a Napoli, J.W.Goethe, racconta che si spinse fin sopra al cratere del Vesuvio, con il suo pennacchio di fumo, rischiando la propria vita, per scoprire i segreti del vulcano.


“Ci trovammo a picco sull’orlo di un abisso enorme.
Improvvisamente echeggiò un boato e la scarica formidabile ci passò sopra la testa.
Ci curvammo involontariamente , come se questo ci potesse salvare dalla tempesta di massi, le pietre più piccole cominciavano già a crepitare quando noi, contenti di avere superato il pericolo, arrivammo ai piedi del cono, mentre la cenere fioccava ancora, coi capelli e con le spalle infarinate anzi che no.”

Funiculì funiculà, la prima funicolare

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Funiculì funiculà, la canzone del 1880

Una canzone è indissolubilmente legata al Vesuvio, alla nascita della prima funicolare sorta alle falde del vulcano.
Siamo nell’estate del 1880, al brindisi d’inaugurazione della prima funicolare italiana parteciparono autorità e personaggi politici.

Si pensò allora a qualcosa di accattivante, che potesse incoraggiare i partenopei a prendere la funicolare: venne commissionata al musicista Lucio Denza una canzone che potesse essere il simbolo di questo nuovo mezzo di trasporto e, con la penna del giornalista Peppino Turco, in dieci minuti nacque “Funiculì Funiculà

Fu quasi un inno al nuovo mezzo di trasporto pubblico, che i napoletani da allora scelsero per salire non solo sulle pendici del monte Somma ma, in seguito, anche per raggiungere i quartieri “alti” della città.

E allora… “jamm jamm ncpoppa jamme ja funiculì funiculà…”

Funiculì funiculà, la canzone del 1880 in onore della funicolare

La magnifica vista dal cratere del Vesuvio

L’ascesa alla sommità del Vesuvio è stata da sempre una grande attrattiva turistica.
Per anni, fino al XIX secolo, le guide del Vesuvio hanno trasportato i turisti sul cratere a bordo di muli, seggiolini e lettighe. 

Il percorso risultava impervio, lungo e faticoso, ma costituiva l’unica via d’accesso alla sommità del vulcano e all’Osservatorio Vesuviano.

Nella sottostante cartolina è ritratto un gruppo di persone munite di lettighe e muli che intraprendono l’ascesa alla sommità del cratere.

Verso il Vesuvio
Turisti accompagnati su lettighe e muli sul sentiero per il Vesuvio

Ed ora per gli appassionati ecco qui la canzone Funicilì Funiculà nella versione classica e napoletana e intramontabile di Sergio Bruni.

Funiculì Funiculà di Sergio Bruno

E sempre la canzone Funicilì Funiculà nella versione lirica del nostro Luciano Pavarotti nei secoli dei secoli per sempre nel nostro cuore, Grazie Luciano.

Funiculiì Funiculà di Luciano Pavarotti

Le nozze? Un terno a lotto…

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Le origini del nome Vico Bonafficiata

Nel 1520 durante l’estrazione del lotto furono scelte novanta ragazze senza marito tra le quali furono sorteggiati i “maritaggi”: si trattava di dare un corredo di nozze e quindi le fortunate che si aggiudicavano il premio erano chiamate “bonifficiate” cioè beneficate: da qui il nome del Vico Bonafficiata Vecchia, nel quartiere Montecalvario.

La tradizione del Lotto secondo Matilde Serao

“Non tutti si possono muovere ed allora un monello parte, va al più vicino posto del lotto e prende i numeri, tutti aspettano, il ragazzo torna correndo, affannato, si pianta alla bocca del vicolo e grida i numeri:24 69 49 8 65, tutti impallidiscono … Il popolo napoletano, che è sobrio, non si corrompe per l’acquavite, non muore di delirium tremens, esso si corrompe, muore per il lotto! Il lotto è l’acquavite di Napoli!”

E’ così che Matilde Serao ne “Il ventre di Napoli” considera il gioco del lotto, una specie di dipendenza patologica per il popolo partenopeo, una malattia contagiosa che ancor oggi colpisce tutti, benestanti e poveracci.

Come l’abitudine di trasformare in numeri sogni e fatti quotidiani, tragedie e storie curiose.

Pur di centrare il terno “secco” i napoletani di fine Ottocento “imparano a memoria la smorfia ossia La chiave dei sogni”, racconta la scrittrice, “Tutti gli avvenimenti, grandi e piccoli, sono considerati come una misteriosa fonte di guadagno. Muore una fanciulletta di tifo, la madre gioca i numeri , escono, ella esclama: M’ha fatte bbene pure murenne!”

Ciop&Kaf, l’arte urbana per Napoli

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Ciop&Kaf, writers napoletani

L’arte urbana napoletana è un arte liberamente espressa nei quartieri di Napoli, nascosta tra i vicoli stretti delle strade di Napoli, tra gli antichi portoni malridotti del centro storico, sulle mura un pò rovinate e antiche delle stradine disposte a griglia dai tempi del Re a Napoli.

Sembra un labirinto, ci si potrebbe giocare a nascondino, ma ogni angolo nasconde una sorpresa, magari un bella chiesa, una piccola cappella, un particolare antico e nascosto tra i panni stesi e da qualche anno a questa parte, anche le opere di questi due writers napoletani, Ciop&Kaf, due veri artisti napoletani, che con i loro disegni hanno portato a nuova luce portoni arrugginiti, portoni di palazzi malridotti, mure malconce e inguardabili.

E’ facile che stesso gli abitanti della zona chiedano ai due artisti, che ovviamente girano per il quartiere come semplici “faticatori” o “muratori” locali, di dipingere sul loro portone per dare un nuovo colore al grigio davanti alla loro finestra.

E’ un opera di recupero della città, un arte di riciclo gratuita a servizio dei napoletani, che i nostri autori si prestano gratuitamente a fare.

Ciop&Kaf, l’incontro

Una volta li incontrai, ero quasi emozionata e avrei voluto chiedergli un autografo, fargli un intervista, raccogliere i loro commenti, ma non ne ebbi il tempo, come sempre andavo di fretta.

Furono loro a farmi una domanda: “Cosa ci vede lei in questi disegni?” mi chiesero i due autori.
Avrei voluto chiedere loro se stavo parlando con Ciop oppure con Kaf, in ogni caso risposi vagamente che vedevo un messaggio di denuncia nei loro disegni.

In effetti alcune delle loro opere si presentano come se fossero una rappresentazione triste e macabra della realtà dei napoletani: ingabbiati, imprigionati, punte e aghi che spuntano ovunque, teste mozzate, chiodi e manette a polsi e caviglie.

Napoletani ingabbiati nella loro stessa prigione d’oro.

Altre loro opere, sono un messaggio di speranza, qualcuna come il cavaliere solitario, un combattente armato di arco e frecce, pronto a difendere lo spirito napoletano, fiero ed orgoglioso della sua patria e della sua città.

Cos’altro ci vedo?

All’inizio pensavo fosse una mappa: vieni qui ci sono case di ricchi, qui non c’è nulla è inulte che vieni, insomma una mappa del tesoro per dire dove andare a rubare.
Poi quest’idea è cambiata ed è stata stravolta, oppure chissà magari stesso loro hanno cambiato idea in corso d’opera.

#Orgogliosi dell’arte e della cultura napoletana!